e prima
c’era l’eterno grigiore
dei giorni grigi
delle aspettative disilluse
e del tempo che corre
troppo
per un gioco rapido
veloce
dove milioni di luci
dovevano esser raggiunte
e mai
l’orologio
ci ha dato riposo
dove mai
la lancetta
si è riposata
.
pioggia e grigio
tana degli scarafaggi
nessuno
ambiva a vedere
godere
l’altro
più di se stesso
ed impara ad ascoltare
quella voce
la voce assurda
che ti fa scrivere
poesie
.
la fine della notte è lieta
una nuova resurrezione
ma la notte
è la malattia della distruzione
calda e dolorosa e appagante
ed il giorno è la cura
del sole che passa
e del degrado
e della gara
e della morte lontana
prima che il giorno
sfumi di nuovo
con una nuova morte
.
sereno e azzurro
volo di cigno
dove ognuno scorda te
e gli altri…
e si smette di pregare
per cominciare a ridere
controvoglia
dove la poesia diventa
ridicola
e la pelle scura
.
la fine è tragica
quasi romantica
ma più che mai sciagurata
e la notte è stanca
poco tormentata
quasi frizzante
stellata e fresca
ed allegra
quindi
una noia
mortale
.
ed io
sono matto
matto
matto
ad analizzare il giorno
la notte
ed il grande sole della notte
prima di tutto
prima di tutti
dentro uno specchio
appeso alla finestra
con una voce
come il vento
tiepido vento
col suo dettato pronto
veloce
in ogni momento
ma silenzioso
per chi non lo vuole
ascoltare
.
tutto è passato
quello che si è goduto
si è già goduto
.
non rimane altro
che ricominciare
daccapo
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