Voglio imprigionare Dio nel mondo
e vedere se fa meglio, meglio
di qualsiasi altro:
meglio di chi si è perso,
di chi è triste, di chi non ragiona
con la sua testa, di chi si sente
una massa e una statistica,
di chi rutta e mastica,
di chi impreca alla finestra.
Voglio imprigionare Dio
e giudicarlo dall’alto:
guardare ogni sua mossa
ed essere giudice del suo
paradiso, veder perdere
gli affetti più cari, dargli
un futuro poco chiaro
in mezzo a giorni precisi
e ripetitivi; voglio dargli
questa sfida e voglio che
ne sia grato, per questo.
E che non mi chiami "porco!"
(solitario in una stanza buia...
come alle volte faccio io).
Voglio imprigionare Dio
quaggiù e dargli il peso
degli anni, la dolcezza
di un vecchio che ricorda
i suoi tempi;
i dolori, gli acciacchi,
l’incomprensione, le paure
e le azioni vigliacche.
Poi... una volta finita la prova
dargli un caloroso abbraccio
e dirgli:
<< Qualsiasi cosa tu abbia fatto
sei mio figlio, l’inferno in cui
sei stato è solo un miraggio! >>.
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