In un mondo
discordante,
cerco la nota
migliore
per "chiedere"
in bellezza.
Chiedere
confort
all'umanità:
Tu, sia per gli altri
fonte d'ispirazione
o disprezzo,
non importa,
non ti sentire minacciato
dalle notizie o dalle astuzie,
almeno con me.
Io voglio campare
e cantare, guardare
il sole, da solo,
con altro occhio
e altro cuore;
spengere
l'incendio
dei sentimenti
con altrettanto
calore,
non avere
come ideale
nient'altro che
passare nel mondo
con rispettoso animo
silente, nella mia
personalissima
parabola discendente...
saper ridere, non degli altri,
bensì con gli altri,
parlare del più o del meno
senza preoccuparmi
dei salotti o d'un ruolo
serio o scemo,
d'un cliché
nato dalla voglia
d'un originale
stil-novo.
Noi siamo qui per dimenticare;
ciò che non sopportiamo
lo rimandiamo,
ciò che ci ricorda
lo disprezziamo
con meschinità,
con tono
di sufficiente
maschilità...
ciò che è detto
è sport,
ciò che è contraddetto
è hobby...
continuiamo ad esser
gli specialisti
d'ogni argomento.
La propria verità,
un calzante
ed innalzato
credo,
un odio ancestrale
per ogni punto di vista
discordante, per infine poi
dimenticare.
Essi non vestivano
stereotipi,
ascoltavano la musica
celeste dei mari
e dei cieli,
innamorati della luna
e di cose così;
dei piccoli dettagli
d'una strada,
d'un gatto che la
attraversava,
giganti storie
mai successe
tra alberi
e prati,
libri letti
da un lampione
di notte
solitario;
senza importanza
per quello che si fa,
senza dirlo orgoglioso
al postino delle stelle.
Voi che brancolate nel buio
lo sapete bene,
voi che avete afferrato
la vita, come sapone,
come sapore,
lo sapete
bene.
Si sa bene
parlar bene
alle feste
di potere,
parlare meno
del proprio
fare.
Oggi disconosco
la parola, sia parlata
che scritta, cedo
ogni sussulto
dell'ego;
voglio far parte
d'un quadro
naturalista,
un piccolo puntino
dimenticato nella steppa,
poiché non voglio dimenticar
il mio vero ruolo,
la mia vera natura selvaggia.
Più o meno, ad ora,
è così.
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